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Cuba

Giorni che passano lenti, ore che sembrano interminabili, trovarsi a guardare l'ora un po' per caso e rendersi conto che il tempo, letteralmente, si ferma. La bellezza delle valli di Viñales scandite dal suono di una parola che riecheggia all'infinito tra i mogotes: "cabaaaaalloooo". Alzarsi al mattino e ricordarsi che tra i campesinos il tempo ha una sostanza diversa e rendersene ancora più conto fumando un sigaro appena fatto guardando intensamente gli occhi azzurri che sporgono da sotto il cappello di chi si perde, con te, a parlare del suo amato/odiato paese. Bere Guayabita a stomaco vuoto alle 10 del mattino perché non c'è altro posto in cui poter trovare il rum dei campesinos e ringraziare quel vento lieve sentito fino a poco prima a cavallo che diventa decisamente rigenerante. Occhi che si perdono nell'infinità dei campi e nelle sfumature di verde e marrone tra foglie di tabacco in produzione ed altre stese al sole; distese infinite di terra e pascoli e coltivazioni là dove la natura regna e il progresso è sospeso tra aratri trainati da buoi ed un turismo che risulta a tratti quasi invisibile. Il colectivo arriva sempre, spesso con calma ma arriva sempre. Auto da 8 che diventano da 14 ed il viaggio sembra ancora più lungo e complicato di quanto non sia. Arrivare a Playa Girón e perdersi tra storia e relitti di una disfatta che ha cambiato le sorti del mondo come recita una non poco visibile scritta sul muro entrando in paese da ovest: "Girón: primera derrota del imperialismo yanqui en América Latina". Bere la migliore piña colada di sempre ammirando il sole che, lieve, si nasconde tra le onde. Immergersi a Punta Perdiz e tra il silenzio e i coralli incontrare un barracuda in cerca di cibo, ammirare giardini sommersi e alberi di navi che giacciono sui fondali della Baia dei Porci, visibilità perfette immersi e sommersi dalla storia. Voglia di tornare indietro nel tempo, voglia di altro mare, di altre storie da sentire e così i minuti diventano ore a parlare con Adunia di cosa è Cuba e di quali siano sogni e aspettative di famiglie che dedicano vite intere ad accogliere chi passa da qui. Trinidad resiste sospesa in un passato coloniale che altrove rimane un lontano ricordo; qui edifici che cadono a pezzi vengono pitturati dei colori più accesi e mentre ad ogni angolo si trovano casas particulares i cavalli riempiono le strade ciottolate insieme ai ragazzi che giocano a baseball in un angolo di verde. Capire cosa sia la santería lasciandosi invitare in una casa in cui mentre gli uomini suonano le donne ballano invocando gli Orishas e la colomba appesa all'entrata della stanza attende, inesorabile, la sua fine. Raggiungere Playa Ancón in sella ad una moto che decide di non superare i 30 km/h con in testa un casco da bici per ammirare distese di mare da ambo le parti su una lingua di terra che si getta nel sale. Partire al mattino per Matanzas, la Venezia di Cuba, e cercare la stazione dell'unico treno elettrico di tutta l'isola per poi scoprire la sua inagibilità da quasi due anni, "¡Suerte!" dicono, Emilia ha impegnato 12 ore per percorrere quei 100km che la separano da La Havana. Cosa rimane, alla fine, di Cuba? Rimangono Emilia, Adunia, Adalberto, Lucy, Erelia, Alejandro, Aida. I loro occhi, i loro sorrisi, le ore passate a parlare, le risate, i consigli, i caffè. Rimane la musica e la bellezza di un popolo che sa sorridere e ridere di sé e che ha una voglia incredibile di raccontarsi su una sedia a dondolo mentre là fuori il sole sta tramontando.


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